La sfinge è da sempre emblema dell’enigma: la tematica
dell’autenticità è in questo racconto affidata alla centralità del “SEGRETO” nella costruzione
dell’identità di Lady Alroy, la cui
storia è presentata dalla vittima inconsapevole di tali misteri, l’ingenuo Lord
Murchison.
Il narratore anonimo, che resterà tale per tutto lo
svolgimento del racconto, ha in un certo senso il ruolo di “analizzatore”,
quasi fosse lui stesso il lettore del racconto, ricomparendo solo nel finale con
una lucida sentenza che s-Vela la realtà del mistero con cui la donna s’era
fatta veste.
Il tema della VERITà si puntualizza dalle prime righe attraverso
la descrizione del Lord [1]:
un seguace dei Tory, del Pentateuco e della Camera dei Lord. Si profila dunque
un personaggio bel lontano dl “pensiero di massa” e quindi dalla massificazione
delle influenze che si stava sviluppando in quel periodo.
Lady Alroy è una donna dalla perturbante bellezza: la sua
fotografia mostra, nello sguardo assente e nel sorriso penetrante, la presenza
di un segreto. Una Gioconda, manifesto simbolo d’ambiguità e mistero.
Il primo casuale incontro avviene in Bond Street ed
emblematico è l’utilizzo di questa particolare via: Bond Street è infatti una
delle principali strade dello shopping londinese, dove ora hanno luogo in
particolare negozi d’arte e artigianato, e dove ha sede la “Fine Art Society’
(dal 1876) e la “Sotheby’s. Non pare dunque essere accidentale la scelta di
questo luogo per il primo incontro: ricordando l’evento cardine del Crystal
Palace del 1851, che segnò definitivamente l’inizio della logica del consumismo
e del commercio degli oggetti non più per necessità ma per pura estetica e
desiderio, Lady Alroy potrebbe in tal senso essere paragonata all’oggetto
feticcio e al suo nuovo potere di fascinazione che proprio all’epoca stava
prendendo piede.
Dopo averla assiduamente cercata invano per il ‘Solito
Row’ [2],
rassegnato il Lord arriva a considerare la sua “belle inconnue” un mero sogno
(sottolineando l’accostamento positivo fra “sogno” e “sconosciuto”).
è ancora per caso
che avviene il secondo incontro, ad una cena, dove la donna alimenta il suo
alone di mistero: arriva in ritardo, parla a bassa voce e chiede al Lord di non
accennare ad alcuno di averla vista per strada.
Il segreto di Lady Alroy [3]
alimenta l’incontenibile curiosità del Lord, rimasto inevitabilmente vittima di
quella “vaga atmosfera di mistero che la circondava”.
Dopo un primo appuntamento al quale la donna non si
presenta, infelice e turbato Lord Murchison le indirizza una lettera sperando
di poterla incontrare nuovamente. Sulla scia dell’enigma Lady Alroy,
acconsentendo al nuovo appuntamento, prega il Lord di non indirizzare più la
posta a quell’indirizzo, evitando ovviamente di giustificare la sua richiesta,
alimentando così ulteriormente la trepidazione del Lord.
Nonostante i successivi incontri
l’atmosfera misteriosa e inavvicinabile che circondava la donna non accennava a
calare: Lord Murchison la paragona agli “Strani Cristalli” che si vedono nei
musei, opachi e trasparenti a seconda della loro posizione [4].
C’è una forte ambiguità nei sentimenti del Lord stesso:
« Amo così tanto la sua persona nonostante i suoi segreti o la amo
proprio per via dei suoi segreti? » [5]
Deciso a chiederla in moglie, persuaso che il matrimonio
avrebbe posto fine ai suoi misteri, si diedero appuntamento per la settimana
seguente. Poche ore prima dell’incontro però, passeggiando ‘casualmente’ per
strada, Lord Murchison scorge la donna entrare in una casa, con il viso coperto
da un fitto VELO. Nell’entrare nella casa perde un fazzoletto, che il Lord
raccoglie e conserva nella tasca.
Convinto di aver svelato la presenza di un uomo nel suo
mistero, il Lord pretende spiegazioni,
Verità.
Furibondo e indispettito non crede alle parole
della donna, che nega di aver visto qualcuno, e se ne và lasciandola in un
torrente di lacrime.
Il giorno seguente si rifiuta di leggere la lettera di
Lady Alroy, rispedendola alla mittente ancora sigillata. Decide dunque di
imbarcarsi per la Norvegia.
Al ritorno scopre la notizia della morte della donna “che
aveva tanto amato”.
Logorato dalla curiosità di scoprire (di S-VELARE) il
mistero, decide finalmente di recarsi alla casa che custodiva il segreto: “Si
sedeva sul divano, LEGGENDO e bevendo talvolta del Te”.
Si conclude così il racconto, con ancora un velo di
dubbio nella mente del Lord, che con un «Chissà?» dimostra la sua incertezza alla
sentenza dell’amico, l’anonimo narratore, per il quale non ci sono dubbi:
« LADY ALROY ERA
SEMPLICEMENTE UNA DONNA CON IL PALLINO PER IL MISTERO, CHE SI ERA COSTRUITA UN
SEGRETO PER POTERSI ILLUDERE DI ESSERE UN’EROINA DA ROMANZO, MA ESSA STESSA NON
ERA ALTRO CHE UNA SFINGE SENZA SEGRETI».
Vale la pena puntualizzare alcuni segnali che Wilde ci offre
durante la narrazione:
- Innanzitutto si constata l'ormai definitivo abbandono dell’ambientazione gotica. Nonostante il racconto abbia numerosi punti in comune con “Il Velo Dissolto” di G. Eliot (1859), quali il Velo che copre il volto della donna e il tema del segreto, non è presente in Wilde alcuna svolta di carattere gotico: ne è un lampante esempio il colore giallo associato al primo casuale incontro (Lady Alroy è seduta all’interno di una macchina gialla)
- La presenza, affatto inusuale nei romanzi di Wilde, della “pericolosità del libro”: la narrazione non a caso ha inizio mentre i due amici percorrono una strada in direzione della Madeleine, chiesa parigina inizialmente costruita per ospitare la Biblioteca Nazionale. Si dice in seguito che Lady Alroy leggesse seduta sul divano e la sentenza finale del narratore anonimo non lascia dubbi: “voleva illudersi d’essere un’eroina da romanzo”
- Alla donna è associato il simbolo della luna: la sua apparizione alla cena è descritta con “entrò come un raggio di luna” e il simbolo ricompare sotto forma di “pietra di luna” che portava sempre, quasi ad indicare che la donna, analogamente alla luna, non brillasse di luce propria, bensì avesse bisogno di un sole – segreto per emanare luce
- Significativa è la perdita del fazzoletto di Lady Alroy nel momento in cui viene “s-velata” dal Lord: troviamo ancora una volta la tematica della “perdita del Velo”
- Innanzitutto si constata l'ormai definitivo abbandono dell’ambientazione gotica. Nonostante il racconto abbia numerosi punti in comune con “Il Velo Dissolto” di G. Eliot (1859), quali il Velo che copre il volto della donna e il tema del segreto, non è presente in Wilde alcuna svolta di carattere gotico: ne è un lampante esempio il colore giallo associato al primo casuale incontro (Lady Alroy è seduta all’interno di una macchina gialla)
- La presenza, affatto inusuale nei romanzi di Wilde, della “pericolosità del libro”: la narrazione non a caso ha inizio mentre i due amici percorrono una strada in direzione della Madeleine, chiesa parigina inizialmente costruita per ospitare la Biblioteca Nazionale. Si dice in seguito che Lady Alroy leggesse seduta sul divano e la sentenza finale del narratore anonimo non lascia dubbi: “voleva illudersi d’essere un’eroina da romanzo”
- Alla donna è associato il simbolo della luna: la sua apparizione alla cena è descritta con “entrò come un raggio di luna” e il simbolo ricompare sotto forma di “pietra di luna” che portava sempre, quasi ad indicare che la donna, analogamente alla luna, non brillasse di luce propria, bensì avesse bisogno di un sole – segreto per emanare luce
- Significativa è la perdita del fazzoletto di Lady Alroy nel momento in cui viene “s-velata” dal Lord: troviamo ancora una volta la tematica della “perdita del Velo”
[1] « Lord Murchison sarebbe stato il migliore fra
gli uomini se solo non avesse sempre detto la verità»
[2] In
originale Wilde scrive “Wretched Row”,
plausibile gioco di parole sul nome del celebre viale di HYDE Park, il
“Rotten Row”
[3] Si noti
che anagrammando Alroy sortisce “Royal” che può significare sia“regale” che
“reale”, evidenziando l’ambiguità della donna.
[4] Altro
riferimento, ancora più manifesto, alla fascinazione degli oggetti e al Crystal
Palace.
[5] Wilde
sottolinea ancor più esplicitamente questa tematica nel Dorian Gray, innamorato
del ruolo d’attrice di Sybil ma non della sua autenticità.
2008
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